Capitolo XI.   

Nel tentativo di arrestare l’ avanzata francese Ferdinando spedisce in Lombardia un altro reggimento di Cavalleria, il Napoli, in appoggio agli altri reggimenti il Re, il  Regina ed il Principe, già operanti in Piemonte. La cavalleria Napoletana, nota anche col soprannome di “diavoli bianchi”, si comporta valorosamente, tanto da meritare il riconoscimento dello stesso Napoleone che la definisce: “Buona e bella cavalleria”.

Cavaliere del Reggimento RE

Pur tuttavia i napoletani vengono sconfitti a Borghetto il 30 maggio del 1796 e lo stesso comandante, il principe di Cutò, viene ferito e fatto prigioniero. Ferdinando allora preferisce trattare la pace ed il 5 giugno viene stipulato un armistizio a Brescia tra il rappresentante napoletano, Antonio Pignatelli principe di Belmonte, e lo stesso Napoleone Bonaparte. La pace definitiva viene sottoscritta a Parigi il 10 ottobre dal citato principe di Belmonte e da Charles  Delacroix ministro degli esteri francese. Alle prime il Direttorio chiede l’amnistia per i prigionieri politici, la restituzione dei beni loro confiscati e le dimissioni dell’ Acton ritenuto troppo vicino agli interessi Inglesi. Ma Napoli, rivendica la sovranità in fatti di politica interna e grazie ad un articolo segreto , che prevede un indennizzo di 10 milioni di franchi, riesce ad evitare  queste clausole e i giacobini di Napoli vengono abbandonati.

Maria Carolina pur riconoscendo la necessità della pace, confessa in una lettera all’ ambasciatore napoletano a Vienna, marchese Marzio Mastrilli Gallo: “Non sono e non sarò mai in buoni rapporti con i francesi, li considererò sempre come gli assassini di mia sorella e di tutte le monarchie”.

Anche i patrioti ed i repubblicani napoletani si sentono traditi ed inviano un nota in cui denunciano la malafede e la perfidia de governo napoletano ed invitano la repubblica francese a non fidarsi di Ferdinando IV.

 

Intanto Napoleone, liberatosi dei bravi e valenti cavalieri napoletani, dilaga per l’Italia  riportando  significative vittorie sugli austriaci. In poco tempo tutti i piccoli Stati dell’Italia settentrionale e centrale devono sottostare a pesanti contribuzioni e a cedere i loro capolavori d’arte, inviati a Parigi a testimoniare  i successi del giovane Generale.   Il 16 ottobre  del 1796 le delegazioni delle città di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio, incoraggiate anche dallo stesso generale francese, si riuniscono in una Confederazione Cispadana che  adotta come  bandiera il tricolore e invia un proclama a tutta l’Italia.

Con le sconfitte austriache di Arcole, 17 novembre del 1796, e di Rivoli Veronese, 16 gennaio del 1797,  Napoleone si apre praticamente la strada per Vienna. 

Firma del trattato di Tolentino

 

Nel frattempo crescono le speranze dei patrioti italiani per  la creazione di uno stato italiano libero ed indipendente. Lo stesso Napoleone alimenta tali speranze bandendo, il 27 novembre del 1796 un concorso per uno studio  dal titolo “Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità d’Italia”.   Le posizioni sono diverse, come quella del salernitano Matteo Galdi, più radicale e rivoluzionario,  che pubblica un opuscolo dall’eloquente titolo “Necessità di proclamare la Repubblica in Italia”. Il romano Giovanni Ranza propone invece una confederazione di stati liberi. Vince l’ipotesi presentata da Melchiorre Gioia che è per la  formazione, anche se graduale, di uno stato unitario e repubblicano.

Anche il Papa, Pio VI, deve sottoscrivere un pesante trattato, il 19 febbraio del 1797, nel palazzo Bezzi Parisani di Tolentino con l’obbligo di cedere definitivamente le citta di Bologna,  Ferrara, Ancona e tutta la Romagna.

Il 29 giugno Bonaparte fonda la  Repubblica Cisalpina comprendente i territori della Lombardia  e della Cispadana con una Costituzione quasi identica a quella francese, nomina personalmente il Direttorio ed invia il seguente messaggio: “Dopo tanti anni di tirannia non avreste potuto conquistare da soli la libertà, ma presto sarete in grado di difenderla. Fate leggi sagge e moderate” .

 

L’Austria stremata per le troppe sconfitte invoca la pace e si arrende. Napoleone decide tutto da solo, senza consultarsi col Direttorio, chiude un preliminare di pace a Loeben, ratificato poi dal trattato di Campoformio del 17 ottobre 1797: il Veneto viene consegnato agli Austriaci, Venezia e la Dalmazia viene ceduta all'Austria in cambio dei Paesi Bassi e la riva sinistra del Reno ed il riconoscimento della Repubblica Cisalpina che si arricchisce di Brescia, Verona , Valtellina e Polesine.

 

I capolavori d’arte italiani vengono esposti a Parigi.

 

Il trattato di Campoformio getta un’ ombra sulla condotta del generale corso e del Direttorio tutto. Non poche sono le critiche di molti  patrioti che, oramai delusi,  cominciano a dubitare della fiducia riposta in Napoleone e nella Francia Repubblicana. Ma il seme è gettato: negli animi di tutti si affaccia, fiduciosa, l’idea per un’azione, anche autonoma, per la formazione di uno stato unitario e repubblicano. La Repubblica Cisalpina sarà  la culla di questi uomini che troveremo impegnati in questo disegno politico nei prossimi anni che chiudono il secolo XVIII.

A dicembre Napoleone lascia l’Italia e rientra a Parigi con il suo esercito di eroi, e con i molti tesori artistici prelevati in Italia come legittimo   indennizzo. Tra questi i Cavalli di San Marco, le monumentali biblioteche, 25.000 quadri.

Resta in Italia il suo Luogotenente Generale Berthier ed un esercito di 20.000 uomini.

 

 

 

Generale Berthier

 

 

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